2012- Madagascar
Viaggio da antananarivo ad ambilobe
Mattino del 30 luglio: siamo già tutti in piedi alle 6 del mattino, lavati e…colazionati…attendiamo il pulmino.
Siamo contornati da montagne di bagagli e di più ci sono anche i computer.
Arriva il pulmino: è un mercedes …rigenerato all’africana, ma sembra già di lusso, rispetto i taxi bruss che caricano bestie umane come sardine…
I due autisti si dimostrano molto professionali da subito, malgrado l’ora di ritardo, qui è normale, siamo in Africa.
Aprono una stiva sottostante il pavimento e incominciano a infilare computer uno dietro l’altro, contingentando bene lo spazio…ci stanno tutti, schermi, gruppi di continuità, accessori; le valigie le carichiamo sui due sedili posteriori, facendole entrare dal finestrino.
Ci riserviamo gli altri sedili per un viaggio che si prospetta lungo, la strada tortuosa…
Paolo è seduto “a cassetta” con la sua fotocamera, lo abbiamo soprannominato “il reporter” ancora dal lontano 1983, quando, in un viaggio in Grecia, in uno scatto bellissimo alla Hamilton.
I primi chilometri di percorso sono lenti, ci sono villaggi che si susseguono; immagini caratteristiche, casette in stile francese coloniale, dislocate lungo le strade, mercati affollati e coloratissimi, volti e volti malgasci di tutte le età che popolano in modo multietnico le vie.
La strada si inerpica ora lungo i pendii di una catena montuosa: a poco a poco il paesaggio si fa deserto; ci fermiamo in un paesino dove fabbricano fornelletti a carbone e Padre Serge ne compera una mezza dozzina.
Noi ci disperdiamo alla ricerca di un po’ di privacy per un…pi-pi-stop!
Riprende il viaggio, il paesaggio si desertizza del tutto: i pendii della catena montuosa sono appena coperti da peluria…si notano i fenomeni di erosione e canionizzazione operati dai torrenti sul fianco della montagna…c’è molta acqua, ci dice Padre Serge e la cosa è positiva, ma ci dice anche che il terreno produce soltanto riso e qualche verdura…
A noi sembra impossibile, con tutta quell’acqua che venga prodotto soltanto riso…probabilmente non riescono a concimarlo adeguatamente, o si sono fermati ad un’agricoltura primordiale che riempie la pancia…
Incomincia la discesa, una strada a serpente come la salita, ma che ci fa tremare ad ogni curva: questi autisti sono abituati a rischi maggiori di quelli che noi siamo in grado di sopportare anche soltanto guardando…
Ad un certo punto il cambio si blocca e il secondo autista si stende sotto il furgoncino, per sistemare la leva…era già successo. Certo che sarebbe stato un problema non da poco, in quella landa così desolata ed abbandonata da Dio e dagli uomini, recuperare tutto quel carico, per trasferirlo in un altro mezzo…
Ripartiamo dopo poco tempo, un po’ risollevati; arriviamo dopo le 13,30 ad un ristorante di sosta, per il pranzo: l’atmosfera è sempre gioviale, battute che si intrecciano…siamo tutti eccitatissimi.
Padre Serge quando riprendiamo il viaggio, verso le 15 del pomeriggio ci dice che non siamo nemmeno a metà strada e che per arrivare alla sosta per la notte abbiamo ancora 400 chilometri.
Ci sembra impossibile: sulla carta il tragitto sembra breve…ma sulla strada, soprattutto su queste strade il percorso sembra interminabile.
Arriva il tramonto, il cielo si tinge di striature fiammate ed in fretta è buio: gli ultimi mandriani riportano a casa gli zebù a notte fonda e a mala pena l’autista riesce a schivarli: mica hanno i faretti sulle corna o i catarifrangenti sulla coda!
Arriviamo a notte fonda, verso le 22 ad Antsohyhy, nei pressi di un motel recintato: il furgoncino entra traballando e finalmente possiamo mettere i piedi per terra, sotto una tavola, riposare in un letto, dopo una doccia.
Sorpresa in camera: non c’è acqua e dobbiamo lavarci con un secchio…inconvenienti in Africa.
L’indomattina siamo di nuovo pronti per raggiungere la meta.
Ormai l’obiettivo è vicino, mancano soltanto 300 chilometri: arriviamo nei paraggi verso le 13 ed entriamo in paese che è ancora attivo il mercato, coloratissimo, vivacissimo, rumoroso, caotico come tutti i mercati africani.
Siamo sbarellati quando smontiamo: ammonticchiamo bagagli, computer tutto davanti alla porta per una foto storica: sono arrivati i nostri eroi!
Padre Serge fa portare i computer nella sua camera blindata: qui la fame è feroce, non è una questione di malavita…meglio togliere di torno la tentazione.